ALERT! Scrivere questo articolo è stata una mazzata. Capirai leggendo che stiamo affogando in una marea di cacca, questa è la verità. Però non è mia intenzione aggiungere ansia all’ansia, anche perché chi me lo leggerebbe un articolo così?, per questo ho cercato di raccontarti i contenuti con grande ironia, perché passasse tutta l’importanza del messaggio, strappandoti anche un sorriso.
Se ti dico IPCC, che cosa ti viene in mente?
Al suono di queste quattro lettere, tutto quello che ti viene in mente è un gigantesco punto interrogativo?
Tranquill*, ci penso io a fornirti le informazioni fondamentali in maniera facile, semplice e veloce, manco stessimo per iniziare una ricettina presa da YouTube.
IPCC sta per Intergovernmental Panel on Climate Change (Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico), organo preposto dall’ONU costituito da scienziati ed esperti, che esamina e valuta le più recenti informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte in tutto il mondo, fondamentali per la comprensione dei cambiamenti climatici.
Con pochi minuti di lettura potrai scoprire il contenuto dell’ultimo report che questo Panel ha emesso proprio pochi giorni fa, il 28 febbraio, e metterti in mostra con i colleghi alla macchinetta del caffè.
Un certo Antonio Guterres, nientepocodimenoché il Segretario dell’ONU, dopo aver letto il report dell’IPCC ha dichiarato: “Ho visto tanti report. Ma nulla di simile a questo. Un atlante della sofferenza umana e del fallimento della leadership climatica”. Un ottimo incipit all’insegna della leggerezza .
Ma come mai Antonio si è messo le mani nei capelli e ha dichiarato come urgente e improrogabile agire, sviluppare strategie di adattamento e affrontare il tema della giustizia climatica?
Cambiamenti climatici: la situa
Lo studio spiega come il riscaldamento globale inciderà sulle nostre vite, con un focus sulle città, dove oramai vive circa mezza popolazione terrestre. Spoilerino: i suoi effetti si stanno rivelando molto più gravi di quanto stimato fino ad ora.
Area geografica per area geografica, su scala locale, vengono evidenziate criticità e con esse i meccanismi di adattamento da mettere in atto. Un lavoretto molto ben fatto: vi sono valutazioni economiche, costi, danni, e sigle familiari come PIL associate al termine riduzione. Ma anche produzione di cibo e malattie (l’ho detto).
Facciamo uno schemino come quando a scuola cercavamo di farci entrare in testa i concetti più ostici. Parlando egoisticamente di casa nostra, dell’Europa, troviamo quattro categorie di rischi-chiave:
ondate di calore su popolazioni e ecosistemi non basterà il ventaglio, infatti è atteso che il numero di decessi e persone a rischio di stress da calore raddoppierà o triplicherà per un innalzamento della temperatura pari a 3°C, rispetto a un aumento di 1,5°C. Il tutto in maniera più evidente nell’Europa meridionale, dove il rischio è maggiore. E no, attaccare h 24 l’aria condizionata non può essere una soluzione. Però vuoi mettere, un bel barbecue senza manco accendere la carbonella, mica male!
rischi per la produzione agricola il caldo e la siccità comporteranno nei prossimi decenni perdite sostanziali in termini di produzione agricola per la maggior parte delle aree europee. “Tu non hai fame?” potrebbe essere uno slogan che ci sarà molto più familiare di quanto ci aspettiamo.
scarsità di risorse idriche à bad news per gli amici amanti delle docce riflessive di 40 minuti tutte le sere. Nell’Europa meridionale il rischio è già elevato per un livello di riscaldamento globale di 1,5°C e diventa molto alto nel caso di un innalzamento di 3°C. A questa temperatura, anzi, il rischio di scarsità di risorse idriche diventa alto anche nell’Europa centro-occidentale.
inondazioni più frequenti e intense Consiglio Venezia come meta vacanziera da raggiungere il prima possibile. Infatti a causa dei cambiamenti nelle precipitazioni e dell’innalzamento del livello del mare, i rischi per le persone e le infrastrutture date dalle inondazioni costiere, fluviali e pluviali aumenteranno in molte regioni d’Europa.
La soluzione? Un’umanità interconnessa
Ora capisci perché parlavo di una marea di cacca poco fa? Nonostante la gravità della situzaione, purtroppo si é parlato così poco di questo report: perché? Il report esce sicuramente in un momento storico molto critico. É importante riflettere su come la guerra cui stiamo assistendo arrivi dopo anni di nazionalismi e innalzamenti di muri. La pensano diversamente i lungimiranti studiosi dell’IPCC, che ci ricordano che la Terra è un’entità unica. Ci tocca stringerci le mani dopo essercele igienizzate: infatti solo la cooperazione riuscirà a risolvere i problemi globali, solo una umanità interconnessa e unita potrà farcela.
Per una volta, è bene essere di fretta
‘Sto giro, sì, viva il fast. Le soluzioni vanno trovate in tempi brevi. L’IPCC sottolinea che tutta la società deve rispondere ora, immediatamente: i Governi, le aziende private, le organizzazioni, ognuno di noi. Qualcosa si muove, è vero, ma al ritmo del bradipo di Zootropolis.
“Ulteriore ritardo nell’azione unitaria su scala globale ci farà perdere quella piccola e sfuggente occasione che ci rimane per assicurarci un futuro quantomeno vivibile”. Come darti torto, caro Portner (co-chair del gruppo di lavoro II dell’IPCC).
Terra chiama Governo
Questo report definirà le future politiche climatiche. I Governi hanno ammesso già l’anno scorso a Glasgow di non fare abbastanza per limitare il riscaldamento globale alla soglia di sicurezza di 1,5°C indicata dall’accordo di Parigi. Entro la fine di quest’anno dovranno rivedere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e alla Cop27 li terremo d’occhio tipo Grande Fratello: dovranno infatti rimediare al crescente divario tra le misure di adattamento, le perdite e i danni, e provvedere alle profonde ingiustizie sociali causate dalla crisi climatica.
E come lo faranno?
Gli amici dell’IPCC, che ho definito lungimiranti non a caso, fanno anche il punto sulle soluzioni possibili, sottolineando l’importanza di cambiamenti sostanziali della società. Sostanziali, di quelli marginali ce ne facciamo quanto una carbonara della panna. Niente.
Fondamentale tagliare le emissioni del 45% entro il 2030 e arrivare al net zero entro il 2050. Continuare a finanziare i combustibili fossili è quindi un vero e proprio vicolo cieco. Al contempo aumentare la produzione di energia verde, che consenta anche la creazione di posti di lavoro.
L’adattamento potrebbe basarsi sulla gestione della domanda della risorsa idrica, con meccanismi di monitoraggio, restrizioni, tariffe, misure di risparmio ed efficienza, prendendo spunto da quanto già fatto con successo in alcune regioni meridionali.
L’amore-odio di tanti verso le città potrebbe sbilanciarsi a favore del primo se venissero viste come fucina di soluzioni: edifici e tetti verdi, energia rinnovabile, sistemi di trasporto sostenibili, realtà di vicinanza e mutuo soccorso.
Fondamentale anche intervenire sui sistemi alimentari, che dovranno essere equi e sostenibili, incentrati sull’alimentazione vegetale, locale, a basso impatto e nel rispetto di stagionalità ed ecosistemi (Slow Food vi dice niente?).
Madre Natura
No, non quella bellissima ragazza di Ciao Darwin. Quella bellissima della natura vera. Quella che l’umanità ha trattato per secoli come peggior nemico, potrebbe invece in questo caso salvarci la pelle.
Infatti il rapporto approfondisce anche il potenziale che la natura ha nel limitare i rischi climatici e migliorare la vita delle persone. Viene spiegato come, recuperando gli ecosistemi degradati e preservando il 30-50% degli stessi, potremo godere della capacità appunto naturale di assorbire e immagazzinare carbonio. In pratica proteggere e sostenere la natura ci aiuterebbe ad adattarci, a rallentare il cambiamento climatico, fornendo nuovamente posti di lavoro e rilanciando le economie. A patto che vi sia, ça va sans dire, adeguato sostegno politico e finanziario.
Thank you, Mother Earth.
E tu che fai?
Non ci stancheremo mai di dirlo: ognuno di noi può fare la differenza. Inizia da qualche parte, ma INIZIA. Un aiutino?
Parlane parlane parlane.
Fai una spesa meno imballata.
Partecipa a manifestazioni.
Mangia meno ma meglio.
Firma e condividi petizioni (ad esempio WeMoveEurope).
Riduci il consumo di prodotti animali.
Agisci nel tuo piccolo su tutto quello che puoi, se non sai come farlo, aiutati affrontando una sfida alla volta delle nostre #impattochallenge tematiche.
Chiediti se gli oggetti che compri ti servono davvero.
Fai amicizia con la natura e sostieni le associazioni che lo fanno.
E parlane parlane parlane ancora.
L’effetto combinato di tutte le nostre azioni insieme può spingere i governi e la comunità internazionale a percorrere l’unica strada possibile che ci resta: quella alternativa. Buen camino.
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